CIRCOLARE n. 42 -Decreto agosto – Nuova rivalutazione dei beni

NUOVA RIVALUTAZIONE DEI BENI DI IMPRESA NEL BILANCIO 2020: UNA OPPORTUNITÀ DA NON TRASCURARE

Il “Decreto Agosto” introduce una nuova rivalutazione dei beni di impresa che, rispetto alle disposizioni precedenti, è caratterizzata da una notevole convenienza sotto diversi profili. In primo luogo, è consentito l’adeguamento dei valori solo ai fini civilistici. Il riconoscimento fiscale dei nuovi importi, che scatta già dal bilancio 2021, richiede inoltre il versamento di una modesta imposta sostitutiva del 3%. Infine, la scelta della rivalutazione e dell’eventuale affrancamento fiscale potrà effettuarsi sul singolo bene senza il vincolo delle categorie omogenee.

 

Premessa

 

L’art. 110 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. Decreto Agosto) consente nuovamente alle imprese, diverse da quelle che redigono il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili internazionali, di procedere alla rivalutazione dei beni diversi da quelli alla cui produzione e al cui scambio è diretta l’attività e delle partecipazioni in società controllate e collegate iscritti nel bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2019 e tuttora presenti nel bilancio successivo.

Rispetto alle precedenti disposizioni in materia, la chance di incrementare i valori di bilancio introdotta dal Decreto Agosto presenta molti elementi di opportunità che consigliano alle imprese di tenere in seria considerazione l’ipotesi di avvalersi del provvedimento.

La rivalutazione potrà effettuarsi anche solo ai fini contabili-civilistici e dunque senza alcun onere in termini di imposte sostitutive sui maggiori importi iscritti in bilancio.

L’imposta sostitutiva necessaria per attribuire riconoscimento fiscale ai nuovi valori iscritti a bilancio è pari al 3% con versamento in tre rate annuali (2021-2022-2023).

Gli ammortamenti sugli importi rivalutati saranno deducibili dall’esercizio successivo a quello della rivalutazione (cioè dal 2021) e dunque già dal primo periodo di imposta in cui detti ammortamenti vengono rilevati in bilancio, senza alcun differimento temporale.

Per quanto invece attiene la rilevanza della rivalutazione “fiscale” (cioè con versamento dell’imposta sostitutiva) per la determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze da realizzo, si conferma il differimento al quarto anno successivo e dunque al 1° gennaio 2024.

Un’ultima rilevante e favorevole novità, che si evince chiaramente dalla relazione ministeriale di accompagnamento, riguarda la cancellazione del vincolo delle categorie omogenee[che in passato obbligava a rivalutare tutti (o nessuno) i beni compresi in un determinato gruppo. Sarà dunque possibile, anche in previsione di una successiva dismissione, rivalutare (con o senza rilevanza fiscale) distintamente ogni singolo bene mobile o immobile.

Viene infine confermata la sospensione di imposta della riserva, limitatamente al caso di rivalutazione con riconoscimento fiscale, e il suo possibile affrancamento con pagamento di un’ulteriore imposta sostitutiva del 10%.

Le altre regole della nuova rivalutazione 2020, ad esempio i criteri per determinare i maggiori valori, i metodi di imputazione contabile, la disciplina della riserva, sono quelle già previste in passato dato che la norma richiama le disposizioni della Legge n. 342/2000 e del D.M. n. 162/2001.

Il Decreto Agosto consente, infine, mediante pagamento della stessa imposta sostitutiva del 3%, di operare, anche da parte di società IAS-adopter, il riallineamento tra valori civili e valori fiscali secondo la disciplina dell’art. 14 della Legge n. 342/2000.

 

Imprese interessate e beni rivalutabili

 

L’ambito soggettivo della rivalutazione 2020 coincide con quello dei precedenti provvedimenti. Possono dunque avvalersene le società di capitali (S.p.A., S.a.p.a., S.r.l.), le cooperative, gli enti commerciali soggetti ad IRES, nonché gli enti non commerciali limitatamente ai beni relativi all’attività commerciale esercitata e le società non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni.

I soggetti interessati non devono adottare i principi contabili internazionali nel bilancio d’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020. Per le società con bilancio 2020 redatto secondo le regole del Codice civile, la rivalutazione resta efficace anche qualora, dall’esercizio 2021, venissero adottati i principi internazionali.

La rivalutazione, per effetto del rinvio operato dal comma 7 dell’art. 110 del D.L. n. 104/2020 all’art. 15 della Legge n. 342/2000, è consentita anche alle imprese individuali (solo per i beni iscritti in inventario) e alle società di persone anche se in contabilità semplificata. In quest’ultimo caso, è necessario che venga redatto e vidimato un apposito prospetto da cui risultino i prezzi di costo e la rivalutazione effettuata.

Come in passato, la rivalutazione 2020 potrà essere effettuata anche dalle società in liquidazione volontaria. Per ottenerne i benefici fiscali, occorre però che la alienazione dei cespiti, e dunque la chiusura della procedura, sia rinviata al 2024, anno a decorrere dal quale la rivalutazione fiscale assume efficacia per le vendite. Per evitare la tassazione in sede di ripartizione di somme ai soci, è opportuno in questi casi affiancare anche l’affrancamento della riserva.

Possono formare oggetto di rivalutazione:

(a) i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione e al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (beni-merce);

(b) partecipazioni in società controllate e collegate (art. 2359 Codice civile) costituenti immobilizzazioni finanziarie.

Sono rivalutabili i beni immateriali consistenti in diritti giuridicamente tutelati, come ad esempio i diritti di brevetto industriale ed i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, altri diritti simili iscritti nell’attivo del bilancio.

Il requisito di iscrizione per i beni immateriali si intende realizzato, secondo la costante interpretazione ministeriale, anche quando l’intangibile, ancorché non iscritto, risulta ancora tutelato in forza delle vigenti disposizioni normative. L’Agenzia riferisce questa condizione al caso in cui la mancata iscrizione del bene immateriale dipenda dal completamento del processo di ammortamento effettuato “in conto” . Ad identiche conclusioni deve però pervenirsi anche nel caso in cui l’intangibile non sia mai stato iscritto nell’attivo  in ragione del fatto che l’impresa non ha sostenuto alcun costo di acquisizione e non ha altresì ritenuto di capitalizzare e sottoporre ad ammortamento le spese di registrazione e di difesa del bene immateriale. Non vi sono infatti motivazioni logiche per differenziare questa fattispecie da quella del bene completamente ammortizzato. A conferma di questa tesi può richiamarsi il fatto che, per una situazione analoga, costituita dalla possibilità di usufruire del frazionamento delle plusvalenze per i beni posseduti da oltre tre anni , l’Agenzia ha avuto modo di confermare che la facoltà sussiste anche per i beni immateriali mai iscritti in bilancio in quanto non è stato sostenuto alcun costo per la loro acquisizione.

Non possono invece essere rivalutati, oltre ai beni materiali e immateriali alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa (c.d. beni-merce), le immobilizzazioni immateriali costituite da meri costi pluriennali, quali l’avviamento e le spese ad utilità pluriennale (spese di impianto ed ampliamento e spese di sviluppo), nonché le partecipazioni che non siano di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile, ovvero quelle che non costituiscono immobilizzazioni.

I beni devono risultare, con la destinazione richiesta dalla legge, nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, oltre che in quello in cui si eseguirà la rivalutazione (31 dicembre 2020).

Per i beni provenienti da società incorporate (art. 172 del T.U.I.R.) o scisse (art. 173 del T.U.I.R.), e per quelli ricevuti a seguito di conferimento di azienda (art. 176 del T.U.I.R.) si ha riguardo alla data di acquisizione della società dante causa. Ad esempio, in presenza di fusione avvenuta nel corso dell’esercizio 2020, l’incorporante potrà rivalutare beni che erano già posseduti e classificati dall’incorporata secondo quanto richiesto dalla legge nel bilancio dell’incorporata al 31 dicembre 2019.

 

Rivalutazione per singoli beni

 

Una delle più rilevanti novità della rivalutazione 2020 è costituita dall’abbandono del vincolo delle categorie omogenee. La legge richiama le disposizioni del D.M. n. 162/2001 (in quanto applicabili), tra cui è compresa (art. 4) quella sul raggruppamento obbligatorio dei beni, ma il comma 2 dell’art. 110 afferma espressamente che la rivalutazione “può essere effettuata distintamente per ciascun bene”.

Sarà dunque possibile, all’interno di una determinata categoria di beni mobili (concetto che il D.M. n. 162/2001 traduceva in beni con medesimo coefficiente di ammortamento e anno di acquisizione), ad esempio il gruppo “impianti e macchinari anno 2014”, comprendente cinque distinti cespiti, rivalutare un bene e lasciare inalterato il valore degli altri quattro; oppure rivalutare un bene solo civilisticamente, rivalutarne un altro anche fiscalmente, e non rivalutare gli altri tre, e così via.

Per quanto riguarda la rivalutazione delle partecipazioni, il D.M. n. 162/2001 stabiliva che rientravano nella categoria omogenea (ora, come detto, non più prevista) i titoli e le partecipazioni non azionarie emessi dallo stesso soggetto e aventi uguali caratteristiche.

Il richiamo al singolo bene fa ora ritenere rivalutabile anche solo una parte di un pacchetto azionario detenuto in una stessa società partecipata. Ad esempio, se si posseggono 10.000 azioni di una S.p.A., di cui 6.000 saranno mantenute a lungo termine e le restanti 4.000 verranno cedute con forte plusvalenza (dal 2024 in poi), sarà possibile affrancare solo queste ultime col pagamento del 3%.

L’applicazione del LIFO nella valorizzazione delle azioni dovrebbe poi garantire che, al momento della cessione, si possa scaricare prioritariamente il costo fiscale di quelle rivalutate e dunque ottenere l’effetto di utilizzare la rivalutazione per ridurre la plusvalenza imponibile.

Per i beni immobili, infine, la norma precedente individuava cinque distinte categorie omogenee: aree fabbricabili con la stessa destinazione urbanistica, aree non fabbricabili, fabbricati non strumentali, fabbricati strumentali per destinazione e infine fabbricati strumentali per natura. I fabbricati che sono, al tempo stesso, strumentali per natura (ad esempio, uffici di categoria A/10) e per destinazione (ad esempio, la sede amministrativa della società) dovevano ricomprendersi in quest’ultima categoria omogenea. Ciò comportava, ad esempio, che qualora una società di gestione immobiliare intendesse rivalutare un fabbricato strumentale per natura (ufficio concesso in locazione a terzi), era obbligata ad adeguare il valore di tutti i fabbricati strumentali per natura posseduti. Doveva inoltre essere adottato un criterio valutativo omogeneo per tutti i beni della categoria.

Con la eliminazione del vincolo delle categorie omogenee, le imprese che detengono diversi immobili (iscritti nelle immobilizzazioni, dato che i beni-merce non sono mai rivalutabili) compresi nella stessa categoria potranno rivalutare solo alcuni di essi, in particolare tenendo conto di una loro possibile dismissione dal 2024.

Si formula al riguardo il seguente esempio.

Una S.r.l. immobiliare possiede 6 fabbricati strumentali ad uso ufficio concessi in locazione a terzi, iscritti nelle immobilizzazioni materiali del bilancio 2019 e del bilancio 2020.

Il valore di iscrizione in bilancio, pari al costo storico al netto degli ammortamenti, di ciascuno dei 6 fabbricati, è di euro 100.000. Il valore di mercato di ciascuno dei 6 fabbricati, attestato da perizia di stima riferita al 31 dicembre 2020, è di euro 550.000.

La S.r.l. intende rivalutare solo uno dei fabbricati in vista di una possibile cessione in un prossimo futuro.

Rivalutazione: (550.000 – 100.000) = euro 450.000.

Imposta sostitutiva sulla rivalutazione: (450.000 x 3%) = euro 13.500.

Nuovo valore contabile e fiscale: euro 550.000.

Dal 2021 la S.r.l. calcolerà gli ammortamenti (civilistici e fiscali) del fabbricato sul nuovo valore rivalutato. Nel 2024 la S.r.l. cede il fabbricato.

La rivalutazione avrà comportato un beneficio fiscale (generato in parte dagli ammortamenti dedotti nel 2021-2022-2023 e per il resto dalla plusvalenza abbattuta nel 2024) pari alla differenza di tassazione (27,9% meno 3%) sull’importo rivalutato. (550.000 x 24,9%) = euro 136.950.

In vigenza del regime delle categorie omogenee, l’Agenzia delle entrate aveva affermato che, nella rivalutazione degli immobili strumentali, occorreva distinguere il valore del fabbricato (immobili ammortizzabili) da quello dell’area sottostante o pertinenziale che, ai fini fiscali, non è ammortizzabile. E ciò anche se in bilancio non si era effettuato lo scorporo dell’area. L’impresa poteva rivalutare l’uno o l’altro valore o entrambi. Dovrà essere chiarito se questa distinzione valga anche nel regime della rivalutazione per singolo bene e se dunque si possa procedere, per uno stesso immobile, a rivalutare solo la parte attribuibile a fabbricato ammortizzabile, e non l’area, o viceversa. La risposta è a nostro avviso negativa dato che la suddivisione prevista dalla prassi precedente era legata al vincolo di distinte categorie omogenee per immobili ammortizzabili e terreni non ammortizzabili, previsione non più attuale nella norma del D.L. n. 104/2020.

 

Rivalutazione solo civilistica e rivalutazione fiscale

 

L’altra rilevante novità della rivalutazione 2020 è la possibilità di procedere a rivalutare i beni anche solo in termini contabili-civilistici, senza dunque attribuire rilevanza fiscale ai nuovi valori.

La norma ricalca infatti il testo dell’art. 15, comma 20, del D.L. n. 185/2008 (rivalutazione degli immobili delle imprese), stabilendo, al pari di tale articolo, che il maggior valore attribuito ai beni “può essere riconosciuto” fiscalmente pagando la sostitutiva.

L’imposta sostitutiva, pari al 3% (indifferentemente per beni ammortizzabili, non ammortizzabili e partecipazioni) può essere versata fino a un massimo di tre rate annuali (scadenti a giugno 2021, 2022 e 2023), anche compensandone l’importo con crediti fiscali nel Mod. F24.

Chi versa la sostitutiva potrà anche affrancare la riserva in sospensione di imposta che in tal caso si genera, pagando una ulteriore imposta del 10% (da versare sempre in tre rate).

La rivalutazione solo civilistica comporta l’indeducibilità permanente dei maggiori ammortamenti stanziati sui beni rivalutati e, in caso di cessione, l’emersione di plusvalenze fiscali più elevate di quelle contabili. Ciò comporta la necessità di stanziare le imposte differite passive sul maggior valore iscritto, le quali andranno contabilizzate (al pari della sostitutiva per chi opta per il riconoscimento fiscale) a riduzione della riserva di rivalutazione.

Il saldo attivo della rivalutazione, qualora il contribuente iscriva in bilancio il maggior valore sui beni senza optare per il riconoscimento fiscale dello stesso, non è in sospensione d’imposta, ferma restando la necessità di imputarlo al capitale o accantonarlo in una speciale riserva con esclusione di ogni diversa utilizzazione. La riserva da rivalutazione senza sostitutiva, cioè, è una ordinaria riserva di utili che in caso di distribuzione viene tassata sul socio come dividendo (società di capitali), ma non è imponibile sulla società.

Qualora la rivalutazione sia in parte “fiscale” e in parte “solo civile”, la riserva andrà scomposta tra quella in sospensione (corrispondente alla rivalutazione fiscale), che è possibile affrancare pagando il 10%, e quella equiparata a riserva di utili.

L’opzione per il riconoscimento fiscale della rivalutazione, al pari della scelta stessa se rivalutare, potrà effettuarsi distintamente per singolo bene, senza il vincolo, anche in questo caso, delle categorie omogenee.

Un ulteriore aspetto favorevole della nuova rivalutazione è la possibilità, pagando l’imposta sostitutiva del 3%, di dedurre immediatamente i maggiori ammortamenti, beneficiando di un risparmio di IRES e di IRAP per un totale del 27,9% (risparmio netto effettivo generato dalla rivalutazione pari al 24,9%).

La deduzione fiscale dei maggiori ammortamenti scatta infatti già dall’esercizio 2021 (Mod. Redditi 2022) che è il primo, secondo i principi contabili, dal quale si imputano in bilancio tali maggiori quote. Non si creeranno, dunque, disallineamenti temporanei contabili-fiscali (neppure nel 2020).

Dal 2021, sempre se si opta per il pagamento della sostitutiva, i valori assumeranno rilevanza anche per i calcoli del plafond delle manutenzioni deducibili e per quelli dei ricavi minimi delle società non operative. In particolare, nei conteggi del 2021, la media triennale del costo fiscale dei beni si determinerà utilizzando il valore ante rivalutazione per i periodi 2019 e 2020 e quello rivalutato per il 2021

La rilevanza fiscale dei maggiori valori non comporta un corrispondente incremento delle deduzioni extracontabili per super e iperammortamento. Le maggiorazioni previste dalle diverse norme agevolative operano infatti sul costo di acquisizione dei beni, cioè sull’importo effettivamente fatturato a suo tempo dal fornitore (determinato secondo le regole dell’art. 110 del T.U.I.R.), e non vengono dunque interessate dalla rivalutazione di tale costo.

Come in passato, viene invece previsto un differimento temporale della efficacia fiscale in caso di cessione dei beni rivalutati. Se l’alienazione (o in genere gli atti dispositivi come assegnazione ai soci e destinazione a finalità estranee all’impresa) è effettuata entro il 31 dicembre 2023, la rivalutazione (fiscale) non ha effetto. Le plusvalenze si calcoleranno sul costo ante rivalutazione e verrà accreditata l’imposta sostitutiva corrispondente. Dal 1° gennaio successivo, invece, anche per le plusvalenze e le minusvalenze la rivalutazione assume pieno effetto.

 

Metodi contabili di rivalutazione

 

Restano immutate, anche per la rivalutazione 2020, le modalità di calcolo e di imputazione contabile dei maggiori valori attribuiti ai beni.

Gli importi iscritti in bilancio per effetto della rivalutazione non possono eccedere i valori effettivamente attribuibili ai beni secondo il loro valore corrente determinato in base alle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati o al valore interno (o valore d’uso) del bene. Quest’ultimo è quantificato sulla base della consistenza, della capacità produttiva e dell’effettiva possibilità economica di utilizzazione del bene nell’impresa.

È possibile effettuare la rivalutazione anche sulla base di un importo intermedio tra il valore economico del bene (limite massimo) e quello storico (al netto del fondo di ammortamento dopo lo stanziamento della quota ordinaria dell’esercizio 2020) risultante al 31 dicembre 2020.

I criteri di valorizzazione dei beni possono essere differenziati per ogni singolo elemento attivo, non essendo più operante, neppure a questi fini, il vincolo delle categorie omogenee.

La rivalutazione continuerà ad effettuarsi secondo uno dei seguenti metodi contabili: a) rivalutazione del valore attivo e del fondo di ammortamento mantenendo inalterata l’originaria durata dell’ammortamento; b) rivalutazione del solo valore attivo; c) riduzione del fondo di ammortamento che comporta lo stanziamento di ammortamenti su un importo identico a quello originario.

L’OIC, nel documento interpretativo n. 5/2019, ha sottolineato che la rivalutazione di un’immobilizzazione materiale o un bene immateriale di per sé non comporta una modifica della vita utile. Non ne dovrebbe pertanto conseguire l’allungamento del periodo di ammortamento e ciò a prescindere dal metodo contabile prescelto. Resta però ferma la necessità di aggiornare la stima della vita utile nei casi in cui si sia verificato un mutamento delle condizioni originarie.

La rivalutazione effettuata con il secondo o con il terzo metodo porterebbe invece, qualora l’ammortamento venga stanziato in bilancio applicando al costo lordo i coefficienti percentuali del D.M. 31 dicembre 1988, un allungamento del tempo di ammortamento. Laddove non si ritenga di apportare una rettifica alla vita utile stimata, si dovrà incrementare la percentuale applicata con conseguente recupero a tassazione in sede fiscale della eccedenza.

Secondo l’Agenzia delle entrate, il primo o il secondo metodo non possono portare il costo rivalutato ad un valore superiore a quello di sostituzione (inteso come costo di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia, oppure valore attuale del bene incrementato dei costi di ripristino della sua originaria funzionalità).

 

Affrancamento dei disallineamenti

 

L’art. 110 del D.L. n. 104/2020, con richiamo all’art. 14 della Legge n. 342/2000, riapre i termini per l’affrancamento dei disallineamenti tra valori civili e valori fiscali presenti in bilancio al 31 dicembre 2019 e ancora in quello al 31 dicembre 2020 per qualsiasi causa e riferibili agli stessi beni potenzialmente suscettibili di rivalutazione. Ad esempio, disallineamenti da operazioni straordinarie o da rivalutazioni non rilevanti fiscalmente come quella sugli immobili prevista dal D.L. n. 185/2008.

Il riallineamento opererà con la stessa imposta sostitutiva del 3% e la stessa decorrenza temporale della rivalutazione (2021 per ammortamenti; 2024 per le cessioni).

Il riallineamento richiede che venga vincolata una apposita riserva (prelevata da quelle già esistenti) a cui si applica il regime di sospensione di imposta. In caso di incapienza o di assenza di riserve è possibile rendere indisponibile una quota del capitale sociale, in quanto l’imputazione a capitale della riserva non fa venir meno la sospensione d’imposta.

A differenza della rivalutazione, il riallineamento deve essere effettuato per l’intero differenziale esistente tra valore civile e valore fiscale (non è cioè consentito un riallineamento intermedio). Inoltre, è consentito avvalersene anche solo per taluni beni senza dunque il rispetto del vincolo delle categorie omogenee.

Il riallineamento può essere applicato anche dalle imprese che adottano i principi contabili internazionali nel bilancio d’esercizio e può estendersi anche alle partecipazioni immobilizzate in società diverse da quelle controllate o collegate.

 

Lo Studio rimane a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e approfondimento di Vostro interesse.

 

 

 

 

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